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Dal Capo al Cairo restando con i piedi per terra #5

Creato il 29 dicembre 2012 da Nonsoloturisti @viaggiatori

Cosa fare se un ippopotamo si lancia in piena carica contro di te?

I giorni passavano e io ero ancora sulla Wild Coast, in un paradiso di giungla e spiaggia, feste notturne e albe dorate, mesmerizzato nel mio disimpegno. Gli altri viaggiatori non erano che comparse nel mio teatrino africano. Qualche giorno, una settimana al massimo e ripartivano alla rincorsa di impegni e appuntamenti che io mi guardavo bene dal condividere.

Poi un giorno mi sono svegliato e mi sono reso conto di non sapere più esattamente da quanto tempo mi trovavo in quell’ostello: era arrivata l’ora di levare le tende. Sono salito su un’altro Baz Bus e sono arrivato fino a Durban.

Durban

Questa città costiera è un centro urbano piuttosto vasto, dove la gente viene a rilassarsi passeggiando in riva al mare o a divertirsi nei tanti locali notturni. É anche la sede della più ampia comunità indiana di tutta l’Africa, ed è impossibile non imbattersi nel profumo delle spezie che proviene dai ristoranti e dai mercati cittadini. L’ibridazione indo-sudafricana ha prodotto anche il piatto tipico di Durban, il bunny chow, una pagnotta svuotata della sua mollica e riempita completamente di curry.

Purtroppo al mio arrivo mi ero involontariamente imbattuto nel July, l’evento ippico più importante di tutto il paese. L’ostello in cui alloggiavo aveva pertanto posto per me per tre sole notti, e trovare un’altra sistemazione in città sembrava un’impresa impossibile. Per fortuna avevo già fatto amicizia con Bradley e Gavin, due simpatici ragazzi di Johannesburg. Non solo mi avevano invitato a seguirli fino alla grande metropoli quando sarebbero tornati dal loro fine settimana di pesca in mare aperto, ma si erano anche offerti di darmi un passaggio fino a Saint Lucia dove avrei potuto godere delle amenità del luogo per qualche giorno.

Bradley e Gavin alle prese con i bunny chow

A Saint Lucia bisogna fare attenzione a due cose: i coccodrilli e gli ippopotami. I primi si nascondono tra la vegetazione sulle rive del fiume, quindi finché non ci si avvicina avventatamente non si corrono grossi pericoli. I secondi di solito sguazzano pacificamente nelle acque del suddetto fiume, “ma la sera ogni tanto li troviamo che se ne vanno a passeggio per il paese…”

A darmi la notizia era stato Ruan, il giovane direttore di un ristorante di pesce dove mi ero consolato dal distacco dai miei due gioviali compagni di viaggio. Cresciuto in un fattoria nello stato sudafricano del Lesopo, la sua famiglia è stata coinvolta negli espropri territoriali che hanno scosso il Sud Africa in seguito alla caduta del regime dell’apartheid. La popolazione di colore rivoleva la sua terra, e non ha esitato a cacciare dai loro possedimenti molti agricoltori bianchi. Un passaggio traumatico, ma – grazie alla mediazione del governo presieduto da Nelson Mandela – quasi esente da violenze. Molto peggio era andata in Zimbabwe, Zambia e Mozambico, dove molti proprietari terrieri sono stati selvaggiamente uccisi.

Ippopotami sulle rive del fiume a Saint Lucia

Per tornare agli ippopotami, Ruan mi ha spiegato che la sera si sgranchiscono spesso le zampe in paese, e se li si incrocia potrebbero facilmente decidere di caricare poiché sono animali molto territoriali e pure parecchio permalosi.

“Sembrano goffi, ma se lanciati in piena carica arrivano a una velocità di circa 60 chilometri l’ora.”

“E come si fa per non essere travolti?!”

“Nella maggior parte dei casi è solo una finta, e si fermano a metà strada, ma per sicurezza dovresti arrampicarti su un albero.”

Istintivamente la mia mente è andata all’ultima volta che mi ero arrampicato su un albero. Avevo otto anni, e come arrampicatore facevo pena già allora.

Per leggere il racconto precedente -> viaggiare in Africa

Flavio Alagia

Flavio Alagia

Dopo una laurea in giornalismo a Verona, mi sono messo lo zaino sulle spalle e non mi sono più fermato. Sei mesi a Londra, un anno in India, e poi il Brasile, il Sud Africa… non c’è un posto al mondo dove non andrei, e non credo sia poco dal momento che odio volare. L’aereo? Fatemi portare un paracadute e poi ne riparliamo.

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